Un tema di grande attualità è quello relativo alle registrazioni audio di nascosto effettuate dal dipendente sul luogo di lavoro.
Chiunque ormai ha sempre a disposizione device quali smartphone e pc che permettono di effettuare registrazioni audio e video con estrema facilità e, pertanto, è essenziale comprendere la loro utilizzabilità nell'ambito dei procedimenti giudiziari e la loro legittimità.
Molto spesso il lavoratore che viene vessato, minacciato o anche più semplicemente ha il timore di subire dei soprusi al lavoro o vuole agire per ottenere i propri diritti si chiede se può registrare in modo occulto le conversazioni con il datore di lavoro o con il superiore o anche solo con i colleghi e se rischia di essere sanzionato qualora venisse scoperto ed ancora se poi possa in un futuro utilizzare le registrazioni come prove.
Cominciamo a precisare che stiamo trattando unicamente delle registrazioni audio di nascosto altrimenti dette occulte, cioè effettuate all’insaputa degli interlocutori, ma esclusivamente con la presenza della persona che effettua la registrazione.
Infatti, qualora il dipendente pensasse di celare un dispositivo per poter registrare riunioni alle quali non partecipa, si configurerebbe non più una registrazione occulta, ma una intercettazione illecita e vietata, costituente un vero e proprio reato (art. 615-bis c.p.).
E’ quindi indispensabile che l’autore della registrazione sia presente e sia autorizzato ad assistere alla riunione, in tal caso, come già chiarito dalla giurisprudenza, le registrazioni non costituiscono reato, nel senso che non sono sottoposte ai limiti ed alle formalità delle intercettazioni.
Il problema principale, in tema di legittimità della registrazione, è costituito dalla normativa in materia di tutela della riservatezza e del trattamento dei dati personali di cui al D. Lgsl. 196/2003 (Codice della Privacy) nella sua attuale formulazione a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento UE n. 2016/679 (GDPR).
E’ infatti pacifico in linea generale che la registrazione di una conversazione, senza aver acquisito il preventivo consenso degli interessati all’acquisizione dei dati ed al loro trattamento, possa rappresentare una grave violazione del diritto alla riservatezza, tale da poter configurare addirittura una grave violazione disciplinare legittimante il licenziamento.
Tuttavia l’art. 24 del Codice della Privacy (ed ora il Regolamento GDPR all’art. 21 in materia di opposizione al trattamento dei dati) permette di prescindere dal consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati sia reso necessario per far valere o difendere un diritto, a condizione che essi siano esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario per il loro perseguimento.
Possiamo pertanto affermare che l’utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente o i colleghi sui luoghi di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione della prevalenza del diritto alla difesa ed alla tutela giurisdizionale dei diritti rispetto al diritto alla riservatezza.
In sintesi prevale il diritto costituzionale alla difesa dei diritti rispetto al diritto alla riservatezza per cui le registrazioni audio di nascosto possono ritenersi lecite se effettuate per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda e per precostituirsi un mezzo di prova.
La registrazione, per essere legittima, deve rispondere – nel bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e quello di difesa – al requisito della pertinenza, cioè deve essere necessariamente strumentale rispetto alla finalità dell’esercizio del diritto di difesa.
Deve quindi esserci una stretta connessione ad una specifica e realistica, seppur potenziale, prospettiva di contenzioso.
Ne consegue che non potrà ritenersi corretta una prassi che veda il lavoratore procedere di default a registrare il proprio superiore o i colleghi in assenza di una vera e propria legittima ragione di esercizio del diritto di difesa, ma unicamente per tenere traccia, a futura memoria, di quanto accaduto senza tuttavia l’esistenza – al momento della registrazione – di una situazione, seppur potenziale, di conflittualità.
Come sopra evidenziato, qualora la registrazione sia dettata dall’esercizio di un diritto di difesa per procurarsi un mezzo di prova e nei limiti anzidetti, la condotta non costituisce un illecito disciplinare.
E l’irrilevanza disciplinare si ha anche nel caso in cui non sia ancora sussistente alcuna lite giudiziaria.
Infatti il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, estendendosi a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata.
Pertanto, se la condotta risponde alle necessità conseguenti al legittimo esercizio d'un diritto, risulta coperta dall'efficacia scriminante dell'art. 51 c.p., precetto di portata generale nell'ordinamento e non già limitata al mero ambito penalistico, per cui la registrazione audio di nascosto sarà assolutamente lecita.
Una volta effettuata la registrazione, dobbiamo però comprendere se la possiamo produrre nel giudizio e se può essere utilizzata dal Giudice a fondamento della decisione.
Sul punto è principio pacifico e confermato dalla giurisprudenza che le registrazioni sia audio che video sono ammissibili nel procedimento civile e, a maggior ragione, nel processo del lavoro, in cui principio cardine è l’accertamento della verità materiale.
Sotto il profilo della prova, le registrazioni rientrano nel genere delle c.d. riproduzioni meccaniche previste dall’art. 2712 codice civile secondo cui “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
E’ pertanto una piena prova che, se non disconosciuta, può anche da sola formare il convincimento del giudice.
Spetterà alla parte contro cui è prodotta procedere a disconoscerne la conformità ai fatti rappresentati, ma non sarà sufficiente un disconoscimento generico, ma dovrà essere chiaro, circostanziato ed esplicito.
E’ ovvio che, se si tratti di un file audio, la parte potrà sostenere la non genuinità della voce.
Nel caso di disconoscimento, la registrazione assumerà comunque il valore di presunzione semplice, per cui il lavoratore dovrà fornire ulteriori elementi probatori per fondare la propria domanda.
Come visto sopra, le registrazioni occulte, soprattutto se audiovideo, possono rappresentare in molti processi del lavoro una prova fondamentale per ottenere il riconoscimento dei propri diritti, ma, per poter essere utilizzate, devono essere state raccolte con il rispetto dei principi sopra evidenziati, in particolare:
Ripetuto, pertanto, che non sarà lecito una vera e propria attività di spionaggio, consistente nella costante e continua registrazione di ogni conversazione in assenza di una specifica ragione di difesa, appare utile sottolineare che in commercio si possono reperire, a costi contenuti, veri e propri registratori audio-video sotto le sembianze di smartwatch o di smartband che consentono in modo del tutto discreto rispetto ad uno smartphone di effettuare registrazioni audio di nascosto o, meglio ancora, audio e video, per poi riversare i file per un successivo utilizzo in pc.
Per chi volesse ulteriormente approfondire l’argomento, si indicano le principali sentenze inerenti gli argomenti trattati, per la lettura completa sarà sufficiente cliccare sul link: Cass. Civ. Sez. Lav. 27424 del 29/12/2014, Cass. Civ. Sez. Lav. 11322 del 10/05/2018, Cass. Civ. Sez. Lav. 11999 del 16/05/2018 e Cass. Civ. Sez. Lav. del 2/11/2021.